Toppi Alessandro
1. SPETTACOLO DI TEATRO
- L’ultima eredità, regia di Oscar De Summa
[perché Oscar De Summa compie un viaggio a ritroso verso le proprie radici, fino a toccarle, nel momento estremo e quando sono più fragili. Perché ha compiuto un’operazione artistica intima e pubblica assieme, senza mai cedere a forme di patetismo o di sentimentalità furba e sdolcinata. Perché ha compreso il momento in cui eravamo, ha preso coscienza del dolore vissuto da una parte del paese e se ne è fatto carico attraverso la scrittura, il corpo, una storia e il più potente dei mezzi teatrali: la condivisione, avvenuta stando a un metro da chi mi ascolta]
- La luce intorno, regia di Nicola Bonazzi e Micaela Casalboni
[per la delicatezza, il senso della misura e il peso dato ad ogni singola parola con cui quest’opera tratta il tema della fragilità e del sentirsi in bilico, tra i propri dubbi e nei confronti del mondo. E perché è uno spettacolo che meriterebbe di girare, affinché incontri quante più donne e uomini sia possibile]
- Una cosa enorme, regia di Fabiana Iacozzilli
[perché Fabiana Iacozzilli è spietata, con se stessa e dunque con noi, costringendoci al confronto coi pensieri che tendiamo a rimuovere, con i vuoti o le voragini che contraddistinguono la nostra vita. E lo è senza mai rinunciare alla complessità drammaturgica, alla ricerca formale e a un esito che abbia qualità estetica]
2. SPETTACOLO DI DANZA
- Manifesto Cannibale, regia e coreografia di CollettivO CineticO
[24 pezzi di danza. Compreso un grande vuoto, un vuoto fatto “per voi”. La letteratura funzionale di un libretto di istruzioni. E la relazione diretta tra performer e pubblico. Una cordicella che permette l’inizio, l’immobilità e il movimento, la presenza della tecnologia, il corpo. Lo spaesamento (autobiografico, individuale e collettivo) provato durante la stasi pandemica – e ancora oggi, spaesati – e certi piccoli esercizi di ritrovata cattiveria relazionale. Frammenti di uno spettacolo a cui ognuno di noi può applicare davvero le proprie capacità d’analisi. È la possibilità di esercitarsi liberamente col pensiero, dunque e infine. Ed è una gran cosa, tutt’altro che scontata, anche a teatro]
- OtellO, regia e coreografie di Kinkaleri
[l’Otello di Shakespeare, certo. E il grande meccanismo della Storia e del Potere, in cui vittime e carnefici si alternano, si scambiano di posto, convivono, mutano ruolo, mostrando che Bene e Male ci appartengono. E una circolarità dinamica che frantuma ogni posizione preventiva, ogni posizione di principio, ogni identità preesistente. E che arriva fino alla cancellazione del corpo. Fino alla sua estinzione]
- Esercizi per un manifesto poetico, regia e coreografie di Collettivo MINE
[a uno a uno sul palco. A compiere esercizi. Ripetuti. Ecco, la ripetizione. Ancora e ancora. Con variazioni lineari, geometrismi posizionali, tempi e controtempi. Ancora e ancora. Stando assieme, nel ritmo nel respiro, senza guardarsi mai. Ma sentendosi attraverso il respiro, il battito corporeo, il sudore finanche. Fino a riconoscersi. Siamo qui, siamo noi. Parte cosi la nostra storia. Forza, diamoci dentro, ricominciamo. Ancora e ancora]
3. CURATELA/ORGANIZZAZIONE
- Nuovo Teatro Sanità
[per avere, con la compartecipazione curatoriale al progetto R-Evolution aver confermato un’ostinazione poetica in grado, da anni, di rendere lo spazio di via San Vincenzo un centro irradiante nuova drammaturgia. Per essere stato, durante il progetto, luogo di residenza internazionale, spazio scenico dedicato alle improvvisazioni, stanza in cui si scrive assieme e stimolo di nuove composizioni. Per aver messo in relazioni giovani drammaturghe e drammaturghi italiani con i pari età sudamericani ed europei, anch’essi impegnati nella scrittura di scena, permettendogli – attraverso il confronto identitario – una possibilità reale di crescita. E perché tutto questo lo fa, pur ricevendo dal Ministero, dalla regione Campania e dal Comune di Napoli pochi spiccioli]
4. REGIA
- Davide Iodice (Hospes,- itis)
[il testo di Fabio Pisano, da cui lo spettacolo è tratto, è complicato, quasi al limite della rappresentabilità: prosa e versi, dialoghi serrati e flussi monologici, un’eleganza che si esprime anche attraverso didascalie poetiche più che di servizio. E temi immensi: la malattia e la sofferenza, l’attesa e le promesse mancate, il diritto a dire addio al mondo (l’insopportabilità al pensiero che qualcuno ci dica addio) e la morte. Iodice è riuscito a far sorgere dalla trama immagini che non si dimenticano. E che restano, dunque, nonostante il misero numero di repliche dopo il quale la messinscena è stata cancellata]
- Fausto Russo Alesi (Padri e figli)
[perché ha tramutato un processo di approfondimento e di studio (una vera e propria immersione formativa nel testo di Turgenev, al Centro Teatrale di Santacristina) in una messinscena, coniugando il tempo residenziale e ciò che vi è avvenuto (la presa di possesso del libro, le giornate trascorse a leggere e discutere, i dialoghi con Fausto Malcovati) in una riuscita possibilità scenica. E perché ha generato il passaggio generazionale dell’opera russa e dei suoi temi, perché non ha temuto i tempi lunghi e l’ampiezza che la resa di questo romanzo necessita e perché ha valorizzato gli elementi che davvero sono fondamentali: il testo e i suoi interpreti]
5. ATTRICE/PERFORMER
- Valentina Picello (Edificio 3)
[perché Valentina Picello è capace di far accadere il teatro, anche quando siamo al cospetto di uno spettacolo. Perché ogni volta osservandola non sai quanto sia recita, quanto sia vita. È perché pare una creatura destinata al palcoscenico. E in “Edificio 3” lo conferma, ancora, di nuovo]
- Cecilia Lupoli (Cassandra)
[Cassandra conosce il suo destino. “Vado nella morte” dice. E ha paura. Si vede (lo sguardo, una breve sospensione del respiro, un tremore impercettibile di una parte del corpo, una frattura nella voce). Eppure prosegue a parlare, srotolando la propria storia perché ne resti memoria. Quest’atto estremo – questa estrema opposizione a ogni furia bellica, a ogni ingiustizia e a ogni violenza disumana – trova in Cecilia Lupoli più di un’interprete: c’è infatti in lei come l’assunzione di una missione. Così, stretta in un body punk, i capelli raccolti, il viso severo, ce lo dice. Fermate la guerra, fate tacere l’odio. E non siamo lì, attorno a lei. La spiamo, cingendola con gli occhi. Ma chi la sente davvero? Chi?]
- Sara Bertelà (L’intervista)
[il clima da ultimi giorni di scuola, essendo ormai alla fine del Campania Teatro Festival. Il direttore artistico della rassegna neanche presente, il vocio costante del pubblico, il palco piazzato all’aperto e il vento che spinge muovendo le quinte, il rumore continuo degli aerei che passano, uno spazio scenico rivelatosi inadeguato rispetto al progetto. È in queste condizioni che Sara Bertelà ha fatto proprie le parole di Rambert, dandogli spessore, carne, umanità. Il modo in cui stringeva i pugni, uno sguardo perso nel vuoto, l’accenno (solo l’accenno) di una risata, una pausa più lunga del normale: necessaria perché si confidi. Cosi ha detto della malattia, nella quale scivoli fino quasi a inabissarti del tutto, e del modo faticoso in cui, riaggrappandoti alla vita, torni alla luce]
6. ATTORE/PERFORMER
- Mattia Cason (Le Etiopiche)
[perché è il fulcro di un processo artistico complicatissimo e necessario, Le Etiopiche, che in apparenza tratta di Alessandro Magno ma che in realtà è totalmente votato alla comprensione del presente. Pluralità linguistiche, mezzi narrativi che convivono, un’aspirazione evidente a realizzare qualcosa che sia più grande di se stesso. Appartiene alla compagnia intera e appartiene a Cason che incide nei pochi spettatori presenti a Napoli per il rigore coreografico, per “la qualità della presenza” avrebbe detto Roberto De Monticelli]
- Vittorio Franceschi (Il domatore)
[perché è commovente questo vecchio domatore, giunto alla fine di ogni spettacolo. C’è in lui l’anziano giocoliere che, in una poesia di Ripellino, se ne sta raggrinzato su una panca, mentre è in attesa dell’ultimo numero; c’è in lui l’antico violino che, in un’altra poesia di Ripellino, suona l’ultima nota, senza che nessuno ne afferri il suono davvero. Ci sono le rughe degli attori che abbiamo amato in passato (mi venivano in mente a un punto, guardandolo, gli occhi arrossati nel mentre della scena di Gianrico Tedeschi) e che hanno consumato l’esistenza tra un’alzata di sipario e l’altra. Ci sono certi racconti di un teatro di cui la mia generazione ha letto nei libri e che sembra cedere definitivamente, ormai, alle mode del presente. E c’è l’uomo che invecchia al posto nostro, in scena, mostrando ciò che ci capiterà nella vita. Si, è commovente Franceschi al punto che, incontrato quest’uomo e questo lavoro per caso (una giornata a Parma di passaggio, un biglietto comprato all’ultimo) mi sono ritrovato a trattenere le lacrime]
- Tonino Taiuti (Gatto randagio)
[figura liminare del teatro napoletano da oltre quarant’anni – da Neiwiller ai play-duett compiuti con Lino Musella, per capirci – in Taiuti convivono la rabbia vivianea e l’amore per la poesia, il desiderio costante di ricercare e sorprendere e la capacità di realizzare vere e proprie partiture attoriali “jazzistiche”. Artista multidisciplinare (musica e pittura assieme al teatro) ed espressione carnale di una stagione della teatralità napoletana che sperimentava imbastardendo competenze e linguaggi, compie un monologo per frammenti, che non è mai uguale, sera dopo sera. Alla costante ricerca di un attimo, uno solo, di verità (o di una scintilla) che faccia dire, a lui e a chi lo osserva: sì, stasera è valsa la pena starsene qui, chiusi in teatro]
7. ATTRICE/PERFORMER UNDER 35
Gli under 35 del teatro italiano rappresentano un’inezia. Nettamente meno dell’1% delle giornate lavorative della teatralità finanziata dal FUS, sostenuti istituzionalmente con cifre da 0 virgola (le compagnie e i progetti a loro dedicati costano, infine, poco più di un paio di grandi scenografie da teatro stabile), indotti a plasmare e far maturare la propria poetica adeguandola a bandi-trappola tematico-episodici e in assenza di una filiera che ne consenta la professionalizzazione e una responsabilizzazione artistica crescente. Carne da macello, buona (una volta) per la rendicontazione ministeriale e, adesso, neanche più per quella; abbandonati dai festival più finanziati (che svolgono assai raramente la funzione di scouting e vetrina per i più giovani) e traditi dai Circuiti, che dovrebbero inserirli in programma. Non esistono o, se proprio vogliono esistere, che lo facciamo malgrado il sistema. Per questo, stavolta, preferisco non fornire specifiche indicazioni “under”. Ci sono, in scheda, sia chiaro. C’è un attore under tra i maggiori, un’attrice under tra le maggiori. E sono “under” o per gli under certi progetti, curatele o spettacoli segnalati. Stanno assieme col resto tuttavia. Fanno cioè parte strutturalmente dell’insieme, come dovrebbe essere. E non sono solo una voce residuale, una categoria a parte, cui consegnare il contentino, ogni tanto.
8. ATTORE/PERFORMER UNDER 35
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9. SCENOGRAFIA
- Tiziano Fario (Natale in casa Cupiello)
[perché nelle sue mani il luogo e la forma, i colori e la tempra del più noto tra i capolavori di Eduardo diventa una visione fantastica. Fatta di buio profondo, scale nere, un tavolo di legno scuro, un vecchio letto dalla coperta a scacchi e coi burattini che prendono il posto degli uomini. Siamo i figli, rimasti orfani, di quella storia. Non ci resta che tornare a raccontarcela giocandoci, amaramente, forse con un fondo luttuoso nel cuore. Questo, mi sembra, suggeriscono le sue scene]
- Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti, Giulia De Canio (collettivo Unterwasser) (Boxes)
[ma chi lo ha detto che le grandi scenografie sono scenografie grandi? Unterwasser propone da anni alcune tra le immagini più belle del teatro italiano. E le propone “a vista”, spesso rivelando la natura artigianale (e il fondamento “povero”) della magia. Che può cingerci completamente o stare chiusa in piccole scatole, come in questo caso, al cui interno avvengono – meraviglia – miriadi di spettacoli]
- Francesco Givone (Cenerentola)
[il gracchio di un corvo, tre scope che spazzano a tempo, una piccola zucca-carrozza; rami secchi, il fumo d’un fuoco che sale, il castello; ombre che sorgono ai lati di luci lucide, un volo nel cielo e Cenerentola, bellissima, di legno. Ecco: Cenerentola, dopo questa Cenerentola, non sarà per me più la stessa. Anche grazie al lavoro di Francesco Givone]
10. COSTUMI
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11. DISEGNO LUCI
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12. PROGETTO SONORO/MUSICHE ORIGINALI
- Essam (Giulio Metts Ramy / Ramy Meets Giulio)
[perché in nessun altro spettacolo visto nell’ultimo anno la musica o il suono hanno assunto il valore a un tempo estetico e politico che hanno qui avuto i canti di Ramy. Per me un caso unico, difficilmente associabile ad altri. E per questo non associato a nient’altro]
13. NUOVO TESTO ITALIANO/SCRITTURA DRAMMATURGICA (messi in scena da compagnie o artisti italiani)
- Svegliami di Michele Santeramo
[Santeramo, da sempre, scrive come se la pagina fosse già palco, scena, assito. E, anche quando le sue storie portano altrove, sempre permane in chi legge (o in chi assiste alla messinscena di un suo testo) la sensazione di una teatralità latente, che perdura, inestricabile. Il mio modo di dire (e di esistere al mondo) è il teatro, sembra affermare ogni volta. E Svegliami, che di teatro racconta, ne è una conferma. Tra le fatiche del mestiere e la solitudine che talvolta si prova, io ti amo comunque, teatro mio]
- Una riga nera al piano di sopra, di Matilde Vigna
[il primo testo scritto da Matilde Vigna dimostra una verità essenziale: l’importante è trovare, a un punto, la propria voce, il proprio modo di dire ciò che per me conta, a qualcuno di cui m’importa. E dunque alla distruzione del Polesine (“I sacchi di iuta riempiti di sabbia / riempiti di terra / riempiti di tutto /Sacchi dappertutto… Sacchi / Preti, suore / La pela dalle mani / Sacchi / preti, suore… Prendi / Sposta… Al piano di sopra / cani e gatti abbandonati / al piano di sopra / il fieno la legna / la farina da polenta / i mobili / al piano di sopra”) si unisce alla morte di un legame sentimentale, coi suoi addii, i suoi silenzi e gli oggetti da prendere e portare con sé (“4 mutande / 4 paia di calzini / 2 reggiseni / 2 canottiere… tutti i trucchi / spazzolino elettrico / spazzolino normale… i murales della Sardegna / Einstein con la lingua fuori”). Sembra il racconto di uno strazio, di una fine. È invece il racconto di una resistenza. Così, avvenuto il lutto, continuo a vivere. Nonostante il dolore provato]
- Topi, Collettivo Usine Baug
[perché dei molti modi in cui è stata riaccarezzata la ferita (democratica, generazionale, politica) di Genova, a un ventennio da quel che successe – grandi progetti pluridrammaturgici, podcast teatro-radiofonici, spettacoli ripresi a distanza di anni – infine questo mi resta in memoria. Questo spettacolo è la sua scrittura, che ha in sé gli effetti (penso all’isolamento che deriva dalla fine dei movimenti collettivi) e i fatti, la cronaca e la confessione, Manu Chao, i cortei, i proiettili ad altezza uomo e certi pensieri personali. Ci hanno fatto male. E il male lo abbiamo ancora addosso. Ed è bello che a dircelo sia qualcuno che è più giovane di noi]
14. NUOVO TESTO STRANIERO/SCRITTURA DRAMMATURGICA (messi in scena da compagnie o artisti italiani)
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15. SPETTACOLO STRANIERO PRESENTATO IN ITALIA
- Love, regia di Alezander Zeldin
- Imitation of Life, regia di Kornel Mundruczo
- Danse Macabre, regia di Martin Zimmermann
16. PREMIO UBU ALLA CARRIERA
- Dario Marconcini / Giovanna Daddi
- Enzo Vetrano / Stefano Randisi
- Renato Carpentieri
Sostiene in un libro Banu che per certi vecchi attori è come per gli interpreti e i manichini de La classe morta di Kantor. Portano in scena l’esistenza del personaggio, certo, e nel contempo la loro vita. E a noi tocca osservarle entrambe, perché entrambe ci parlano ed entrambe dicono anche e profondamente di noi. Per me vale, all’unisono, per le tre segnalazioni alla carriera. L’unicità di Daddi/Marconcini – chi come loro? – e il legame esistenziale e poetico di Vetrano e Randisi e Renato Carpentieri infine, che su di me, ogni volta, produce l’effetto che Carlo Cecchi produsse su Garboli. Lo costrinse a fermarsi, interrompendo la recensione, per chiedersi: “Ma insomma, che attore è questo?”.
17. PREMI SPECIALI
- Risonanze
[network costituito da 17 realtà, distribuite su tutto il territorio nazionale, Risonanze si prende cura delle artiste e degli artisti del teatro under 30. Una direzione collettiva, votata al confronto continuo. Un’attività di osservazione e monitoraggio costante. La capacità di fondere poetiche e politiche, associando a occasioni residenziali, produttive e distributive (il grande tarlo del nostro teatro) meeting locali e nazionali finalizzati alla comprensione delle dinamiche di sistema dominanti. Mette assieme artisti e operatori, Risonanze; coltiva lo sguardo degli spettatori più giovani (rendendoli parte dei processi di selezione e gestione) e spinge, coi fatti, perché avvenga quel ricambio generazionale che è tra gli obiettivi dichiarati (a chiacchiere) dalle istituzioni che compongono il sistema teatrale italiano]
- Bottega degli Apocrifi di Manfredonia
[Bottega degli Apocrifi, con la sua direzione, ha tramutato un teatro comunale dalla programmazione commerciale e col numero risibile di abbonati in un epicentro culturale collettivo e in un progetto speciale perenne. Stagioni basate sul rischio artistico, multidisciplinarietà laboratoriale, spettacoli tout public, teatro partecipato. E un continuo lavoro di mediazione tra e con scuole, istituzioni pubbliche associazionismo e aziende private del territorio. Nel tentativo costante di fare rete e di rendere teatralmente fertile il proprio contesto di riferimento]
- Compagnia Teatrale L’Albero
[perché associa all’opera lirica innovativi processi produttivi, riletture sceniche sorprendenti e la prassi del teatro partecipato e accessibile. Si tratta di un percorso talmente innovativo da essere (quasi) inadatto per l’Italia tant’è che di questa compagnia si potrebbe ben dire che è tanto lucana quanto europea, lavorando spesso all’estero. L’albero smentisce dunque l’elitarietà e il conservatorismo lirico o meglio: lo scardina, di volta in volta, generando conoscenza, esperienze formative e spettacoli di qualità]
- Festival Avvistamenti Teatrali, Anfiteatro Torre Marrana di Ricadi Capo Vaticano (Vibo Valentia)
[un paio di spettacoli che fungano da richiamo popolare, i tramonti letterari, qualche concerto e soprattutto: la capacità di creare un legame sensibile con chi abita il luogo. Al punto da generare – dove un teatro neanche esiste – un bisogno teatrale, una vocazione teatrale, un’aspettativa teatrale, insomma: una società teatrale momentanea. Che affolla uno splendido anfiteatro o si porta le sedie da casa, pur di assistere allo spettacolo. E così che – giacché è a di questo che è fatto davvero – “Avvistamenti teatrali” riesce nell’intento, facendo incontrare infine compagnie indipendenti, giovani gruppi, artiste ed artisti dell’off italiano e un pubblico composto da centinaia di persone]
- Nessuno resti fuori Festival di Matera
[ai margini della città pestata e abusata dal consumismo del turismo di massa, prendendosi cura – edizione dopo edizione – di un quartiere laterale, spesso dimenticato, neanche sfiorato dalla ricchezza del centro. Dialogando coi residenti, invitandoli a scendere di casa o ad affacciarsi ai balconi, tramutando con la presenza – e con l’extra-ordinarietà dell’arte – spazi e scorci consueti. IAC a Matera (lì dove, nonostante i milioni da Capitale della Cultura, ancora non c’è un teatro) fa un lavoro sensibile, testardo, enorme. Coinvolgendo i più giovani, chiamando a sé il meglio della scena indipendente italiana, arricchendo la proposta con laboratori formativi. Rilanciando costantemente la proposta. Metro dopo metro, strada per strada]
Titolo dello spettacolo |
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Paolo Sorrentino devo dirti una cosa |
POEMS |
Strangers in the night |
Dieci. Accuratamente |
Barrani |
Mata HAri |
Come sopravvivere in caso di danni permanenti |
Marco Polo e la principessa - una tragicomica storia d'amore |
Canzuna sgreta |
Nuttata - Progetto Koltès |
NEVER YOUNG |
Adesso vattene, fratello mio |
Melville e la Balena Bianca |
Mattimonio |
Lottavano così come si gioca |
Il poeta contumace |
Nulla è più invisibile |
Calcoli |
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